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lunedì 21 febbraio 2011

Con Garcia Lorca, Madama Butterfly non si suicida

(da Giudizio Universale)
Donna Rosita Nubile, nata dalla penna del poeta spagnolo, ha consumato tutta una vita aspettando un uomo che non tornerà. La dignità e la forza di un personaggio a suo modo epico vengono esaltati da uno splendido cast, tutto al femminile. Dirige Lluis Pasqual

Conta i giorni che passano, scivolati via a far settimane e mesi e anni. Quasi senz’accorgersene, lasciandosi sorprendere dalla fanciulla linguacciuta che le rammenta, per caso, il tempo trascorso da che lui se ne andò. Quel tempo scivolatole addosso come una condanna, pena comminata senza pietà o condizionale, reclusione dell’anima, prima che del corpo, autoinflitta e cosciente. 
Donnarosita1.jpg
La Rosita lorchiana è l’eroina di un’attesa ostinata, donna di forza titanica alle prese col solito, consueto, mezzo uomo. Anzi: col solito uomo, ché mezzo è per natura o vocazione, che, quando ama, fa del proprio amore un simulacro d’eterna saldezza, destinandolo poi al puntuale inciampo, al naufragio così spesso inglorioso. Nel caso di Rosa, a una vita lontana, un oceano più in là, mentre egli ripara tra le braccia di un’altra; in circostanze più comuni, il gramo epilogo è una cattività congiunta, quando la convivenza diviene miscela di malumori di giorno e mali odori la notte.

In fondo, la storia d’abbandono di Donna Rosita nubile è un topos sin troppo semplice: due innamorati che la vita strappa dall’abbraccio; lui se ne va per non tornare, lei l’attende, novella Butterfly senza orizzonti di suicidio. Garcia Lorca s’ispira al dolore reale della zia Clotilde, al suo amore disertato, cui lei, per una vita intera, non abdica, opponendo un’indifferenza severa allo sguardo insolente e volgare della borghesia granadina. Ne vien fuori un testo fine, pulito, distillato di sentimenti, situazioni, e, sullo sfondo l’ambiente ispanico degli anni Trenta, in una lingua pulita e tesa che non soffre la traslazione italiana.

donna-rosita3.jpgLluís Pasqual, già di casa al Piccolo di Milano - che produce l’allestimento - disegna un quadro d’estrema eleganza per una commedia affranta il cui vero tema è il tempo: una teoria di pannelli scorrevoli dai toni cerei rende cangiante lo spazio unitario, interno borghese di suggestiva stilizzazione. La scena algida è luogo ideale per la recitazione di un cast d’eccezione, ove a farla da padrona non è tanto la Rosita di Andrea Jonasson, ma la vivacità a tratti arlecchinesca della splendida Giulia Lazzarini, la cui governante è il vero motore interno della recita. Dramma muliebre, si diceva, che nella Zia ben tratteggiata di Franca Nuti trova altra scelta felice, così come per le varie zitelle che punteggiano il coro che assiste al progressivo disfacimento del sogno d’amore della protagonista.

Messinscena austera, calibrata, a tratti maestosa: vi risaltano i pastelli dei costumi donneschi, nell’intermezzo musicale che conferisce all’insieme un bel movimento cromatico, ancor prima che ritmico. La storia si dispiega come lama di rasoio, inesorabile, con cadenza sin troppo misurata, come se l’intenzione fosse quella di giocare sulle dilatazioni, i vuoti, rischiando però di penalizzare l’andamento nel suo complesso.

È infatti il quadro finale a ricuperare quel brio dolente che ci appariva necessario, scossa emotiva in grado d’assestare il colpo di grazia: Rosita domina finalmente la scena che s’apre verso la platea mediante una scaletta praticabile, trovata che sin qui pareva mero vezzo stilistico. La soltera abbandonata, in una progressione dal retrogusto pirandelliano, si rivela eroina sciente e tragica, interprete regina d’un dolore rappreso nella sua dignità, che solo una mentalità convenzionale e minuscola può considerare, in qualche modo, risibile. E resta il dubbio se quel dolore, quella pena che goccia a goccia le ha consumato l’anima erodendola negli anni, valesse davvero la pena: in fin dei conti, parliamo pur sempre di poca roba, di uomini o, evitando sessismi di sorta, di grama, sconfortante umanità.
20 Gennaio 2011

Oggetto recensito:
Donna Rosita Nubile di Federico Garcia Lorca, regia di Lluis Pasqual
Tourneè: 19-23 gennaio, Trieste, Politeama Rossetti; 26-30 gennaio, Udine, T.Nuovo di Giovanni; 1-3 febbraio, Pavia, T.Fraschini; 5-6 febbraio, Cremona, T.Ponchielli
Il resto della locandina: Elena Clementelli, traduzione; Ezio Frigerio, scene; Franca Squarciapino, costumi; Claudio De Pace, luci; Josep Maria Arrizabalaga, musiche; Montserrat Colomé Pujol, movimenti coreografici; con (in ordine alfabetico) Andrea Coppone, Gian Carlo Dettori, Pasquale Di Filippo, Martina Galletta, Alessandra Gigli, Eleonora Giovanardi, Rosalina Neri, Stella Piccioni, Franco Sangermano, Sara Zoia.
Produzione: Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Il convitato di pietra: Giorgio Streheler, dato che lo spettacolo unisce tre generazioni, di attori e non solo, legati o direttamente al Piccolo o al suo principale artefice
Il giudizio: il livello degli interpreti meriterebbe (almeno) tre soli, l’eleganza idem. Il passo dello spettacolo, però, non riesce a convincere del tutto
giudizio:

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