È lieve e zuccherata, la storia di questa Michelina, scritta da Edoardo Erba, allestita dalla compagnia Teatro Stabile di Firenze e affidata alla regia di Alessandro Benvenuti.
In scena, Maria Amelia Monti nei panni della protagonista, affiancata dal cardinal Dorigo di Amerigo Fontani e da Arturo Bonavia, cantante sentimentale in perenne cerca di riscatto nell’interpretazione guittesca di Giampiero Ingrassia. Il cast è completato da Mauro Marino, Gianni Pellegrino e Anna Lisa Amodio, rispettivamente nelle parti di un altro cardinale vaticano, di padre Tomaino e di Suor Ercolina, buffa presenza onirica in odor di santità.
In scena, Maria Amelia Monti nei panni della protagonista, affiancata dal cardinal Dorigo di Amerigo Fontani e da Arturo Bonavia, cantante sentimentale in perenne cerca di riscatto nell’interpretazione guittesca di Giampiero Ingrassia. Il cast è completato da Mauro Marino, Gianni Pellegrino e Anna Lisa Amodio, rispettivamente nelle parti di un altro cardinale vaticano, di padre Tomaino e di Suor Ercolina, buffa presenza onirica in odor di santità.
La scena, firmata da Tiziano Fario, è divisa in due parti, alla stregua di altrettanti spazi d’azione: il richiamo al teatro nel teatro è continuo, sia nelle esibizioni del cantantucolo di Ingrassia sia nel sipario utilizzato a metà palco, utile per i cambi di fondale.
Si va dalla risaia lombarda, anno 1948, luogo di fortuito incontro tra Bonavia e la squinternata Michelina, una rozza contadina dalle belle gambe e i modi sgraziati: una serie di richiami vegetali suggeriscono la collocazione en plein air dell’azione, ben presto cangiante in un interno pontificio, con scene spostate a vista da due tecnici vestiti in blu scuro e richiami pittorici a raffigurazioni sacre. La scena è una “scatola”, sembra suggerire l’allestimento, con differenti “piani” e punti di vista, analogamente alle gustose “lezioni di teatro” che Bonavia impartisce progressivamente all’imbranata Michelina, troppo rozza per penetrare a fondo il concetto di finzione scenica, ma non stupida al punto d’essere totalmente sottomessa all’improbabile “salvatore”.
Si va dalla risaia lombarda, anno 1948, luogo di fortuito incontro tra Bonavia e la squinternata Michelina, una rozza contadina dalle belle gambe e i modi sgraziati: una serie di richiami vegetali suggeriscono la collocazione en plein air dell’azione, ben presto cangiante in un interno pontificio, con scene spostate a vista da due tecnici vestiti in blu scuro e richiami pittorici a raffigurazioni sacre. La scena è una “scatola”, sembra suggerire l’allestimento, con differenti “piani” e punti di vista, analogamente alle gustose “lezioni di teatro” che Bonavia impartisce progressivamente all’imbranata Michelina, troppo rozza per penetrare a fondo il concetto di finzione scenica, ma non stupida al punto d’essere totalmente sottomessa all’improbabile “salvatore”.
Maria Amelia Monti è brava nel conferire i caratteri del “proprio” personaggio classico (una donna clownesca sospesa tra ingenuità e furbesca malizia) a questa ragazza, protagonista di una storia che non riesce completamente a cogliere. Sì, perché oltre all’intreccio di tema teatrale (la ricerca della fortuna da parte di un artista velleitario e illuso), Michelina è protagonista di un’altra storia, ben più improbabile, a mescolar sacro e profano: due cardinali (Fontani e Marino), coadiuvati dal servo non troppo sciocco di Pellegrino, devono provvedere a riscattare la fiducia dei credenti e sono incaricati di provvedere a un processo di beatificazione. Da un lato, hanno l'obbligo d'assicurarsi che la cosa sia svolta seriamente, senza ciarlatani e finzioni, dall’altra, il momento storico “richiede” assolutamente nuovi santi da proporre ai fedeli, per rinsaldarne la fiducia nell’istituzione ecclesiastica. Gli accertamenti canonici all’indirizzo di Suor Ercolina da Afragola, colei che viene scelta e reputata in odor di santità dai prelati, portano il pio e severo cardinal Dorigo a incontrare Michelina e l’evento è destinato a cambiare la vita di entrambi.
La storia prosegue sulla falsariga d’una pochade musicale, tra brevi scene e canzoni, in cui i due improbabili amanti vengono allontanati forzatamente, ma alla fine si riuniscono nel “trionfo” d’un sentimentalismo surreale e incline al paradosso. Con usuali trovate farsesche, la situazione viene “aggiustata”, Dorigo abbandona la tonaca, non prima di sciogliere i voti che avrebbero impedito a Michelina di amarlo, Suor Ercolina viene beatificata (divertente l'apparizione alla protagonista, col conseguente dialogo) e Bonavia ottiene d’esibirsi al desiderato (e temutissimo) Ambra Jovinelli di Roma, quel teatro dal pubblico temibile, che scaglia gatti morti contro gli artisti non all’altezza. Si chiude con una canzone che vede tutti i personaggi in scena: cantano una strofa a testa e ballano insieme, offrendo al pubblico uno scampolo di quel mondo del varietà, oggi andato perduto.
L’allestimento è leggero, forse troppo, ma non è pretenzioso e il richiamo al mondo dei guitti, degli artisti sfigati, delle luci colorate alla bell’e meglio di certi teatranti simili al Sik Sik eduardiano, non manca d’intenerire un poco il cuore. Dato il cast si potrebbe pretendere di più, ma è il testo a non lasciare troppi margini d’intervento.
Visto il 14 dicembre 2008, a Carrara, Teatro degli Animosi.
Spettacolo
Michelina
Michelina
di Edoardo Erba
regia: Alessandro Benvenuti
con Maria Amelia Monti, Amerigo Fontana, Giampiero Ingrassia, Mauro Marino, Gianni Pellegrino e Anna Lisa Amodio
musiche: Edoardo Erba
scene: Tiziano Fario
costumi: Massimo Poli
disegno luci: Laura De Bernardis
regia: Alessandro Benvenuti
con Maria Amelia Monti, Amerigo Fontana, Giampiero Ingrassia, Mauro Marino, Gianni Pellegrino e Anna Lisa Amodio
musiche: Edoardo Erba
scene: Tiziano Fario
costumi: Massimo Poli
disegno luci: Laura De Bernardis
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