Lucca - La presentazione del cartellone 2008/09 del maggior spazio scenico lucchese offre l'occasione per alcune considerazioni circa lo stato di salute e dell'istituzione in questione e del suo rapporto con il territorio, tra spunti critici e speranze di miglioramento
Le valutazioni si fanno a mente fredda, con calma, senza fretta né ansia di giudicare. Certo, però, che il programma della prossima stagione di prosa del Teatro del Giglio presta il fianco a qualche considerazione di carattere quantitativo e qualitativo. Non si tratta di gettare la croce sulle spalle di qualcuno, come se individuare un capro espiatorio fosse utile o necessario: peraltro, mancanza tutta nostra, siamo alieni dalla politica dello spettacolo, dai meccanismi d’amministrazione e di gestione degli spazi teatrali, per cui ci risparmiamo un’analisi strutturale del fenomeno (pure utilissima, se ben condotta), privilegiando il punto di vista di chi fruisce della scena dalla parte dello spettatore.
In tal senso, sono due i dati che colpiscono di primo acchito: il numero di spettacoli, sette in tutto a fronte dei quattordici (undici in stagione più tre fuori programma specificatamente teatrali) proposti nella stagione 2007/08, e il “buco” che va dal 26 ottobre al 9 gennaio, ossia dalla replica pomeridiana di High School Musical alla prima lucchese de La trilogia della villeggiatura firmata da Toni Servillo, forse la miglior proposta dell’intero cartellone.
Sul numero, uno dei motivi è di certo la volontà, cui si deve tributare un plauso, di concentrare le repliche nei finesettimana, anziché, come è accaduto spesso quest’anno, di proporre recite infrasettimanali. Le piazze “forti”, quelle che hanno un’utenza da zoccolo duro, possono tranquillamente permettersi spettacoli di martedì facendo il tutto esaurito, il Giglio, purtroppo, no: spesso e volentieri in questa stagione abbiamo visto la platea semivuota e non solo il mercoledì. Questione di lavoro sul territorio, aspetto imprescindibile per la vita di qualsivoglia spazio teatrale, che, in quanto spazio, abbisogna di vita, materiale umano, interesse vero, elementi che si costruiscono là dove vi siano lavoro, impegno e capacità di progettazione. Solo in seconda istanza sono importanti i finanziamenti, linfa certo vitale di qualsiasi sistema spettacolare. Certo che, da questo punto di vista, al di là dei perenni toni entusiastici di certi promotori (?) culturali, l’Italia sta attraversando uno dei periodi più bui della propria storia recente: i tagli sono una triste realtà e le recenti fusioni di spazi teatrali storicamente “concorrenti” (si pensi ai casi di Pisa-Cascina e Prato) sono la dimostrazione che il momento è particolarmente duro e si deve far di necessità virtù.
Il Giglio ha, in più, un compito oneroso e difficile: recuperare pubblico, credibilità e, soprattutto, materiale umano, dopo anni di sfascio, decadenza che hanno reso il territorio assai duro da coltivare. Ci sono tentativi interessanti in questa direzione, persone che lavorano con impegno e sulle cui spalle ricade l’onere di ricostruire un ambiente che una città come Lucca, perennemente innervata da un’ipertrofica e spesso ingiustificata esaltazione della propria vita culturale, meriterebbe. Aspettiamo e speriamo di registrare una crescita, un miglioramento, ma certo i due mesi sabbatici che investono, guarda caso, anche il periodo natalizio (due settimane in cui le persone sono solitamente più inclini a uscire, spendere e andare, volendo, anche a teatro...), non alimentano certo facili proiezioni ottimistiche.
Per ciò che concerne la qualità del programma, diciamo che i cinque spettacoli di prosa proposti sono tutti interessanti, a partire dall’one woman show di Mariangela Melato sino alla Trilogia firmata da Servillo (uno degli allestimenti più apprezzati della stagione appena conclusa), dal Così è (se vi pare), feticcio pirandelliano e “classico” di Massimo Castri al Sindaco del Rione Sanità nella versione di Carlo Giuffré, sino al Faust di Glauco Mauri già visto a Pisa qualche mese fa. Sui musical, poco da dire: prodotto piuttosto in voga, di facile consumo e alta spettacolarità, i nomi parlano da soli, per chi ama il genere (e chi scrive non è tra questi). La Compagnia della Rancia è forse la più in vista in Italia, il Robin Hood con Giuseppe Dati sarà la chiusura a marzo di una stagione il cui periodo più intenso sarà concentrato nel mese di gennaio.
Niente prosa nei fuori programma: un concerto di canzone d’autore con Vinicio Capossela (già sul palco del Giglio nei primi anni Novanta al fianco di Paolo Rossi in Pop e Rebelot), uno spettacolo musicale con Elio (ma senza le Storie Tese…) e il concerto di Roberto Cacciapaglia. Un passo indietro, dal punto di vista specificatamente teatrale, rispetto alla lettura di Zingaretti e al doppio appuntamento con Celestini del passato cartellone.
Peccato che non vi siano prime nazionali come quest’anno era accaduto per Madre Coraggio con Isa Danieli e diretto da Cristina Pezzoli; gli spettacoli, pur di nome, rappresentano riproposizioni quasi tutte alla seconda stagione di tournée e, soprattutto, già passate da teatri non distanti (Servillo a Pisa e Pistoia, Mauri a Pisa, la Melato a Firenze), ma, come si suol dire, questo passa il convento.
Non resta che aspettare venerdì 10 ottobre per l’inizio della stagione con Mariangela Melato e, soprattutto, domenica 8 marzo, per eventuali bilanci. Nel frattempo, facciamo sin da ora i migliori auguri al Teatro del Giglio, nella perplessa speranza che la situazione possa migliorare, col tempo e col lavoro.
(da www.loschermo.it)
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