(da teatro.org)
L’odore di menta e nipitella inonda la campagna chiantigiana lungo il viale sterrato che conduce a Torre Luciana, suggestivo osservatorio astronomico tra oliveti e vigne di sangiovese. La serata è limpida, fresca nonostante la stagione, il cielo chiaro in lontananza verso la mai rimpianta Firenze: gli spettatori, tra cui Massimo Salvianti, ottimo attore della compagnia di Ugo Chiti “Arca Azzurra”, camminano per qualche decina di metri, qui giunti chi a piedi chi a bordo di un apposito bus della locale amministrazione comunale. Al cancello d’ingresso un’insegna indica l’inizio dell’Ade, l’oltretomba della cultura ellenica: una bambina con minute ali angeliche riceve, seriosa e compunta nella propria mansione carontea, il pubblico da scortare nel viaggio inferico di questa Tragedia (nell’occasione il titolo recita a Torre Luciana) allestita da Alfonso Santagata, attore, regista, teatrante, di lungo corso, uomo di scena e di riflessione su essa.
Il più celebre ciclo sofocleo (Edipo Re, in cui il protagonista si scopre uccisore del padre e marito della madre; Edipo a Colono, sull’esilio del sovrano e la successiva guerra fratricida che infesta Tebe; infine Antigone, in cui la figlia di Edipo s’oppone all’inumano ordine del tiranno Creonte di non riservare sepoltura rituale al “traditore” Polinice) si snoda nella sua interezza ben sfruttando i meravigliosi spazi dintorno l’antico casamento, sede dell’osservatorio: con sapiente utilizzo d’illuminotecnica, riscrittura drammaturgica e direzione attorica, le presenze dolorose e incommensurabili dell’antica Tebe (ri)trovano voce, tempi e luoghi, per mostrarsi ai guardi sorpresi d’un pubblico ben presto catturato dalla fascinazione teatrale.
Ora è il cieco Tiresia (Johnny Lodi) ad apparire, ieratico e solenne, in uno slargo opportunamente ricoperto di teli bianchi e tulle, ora è un Edipo vestito d’improbabili e umili panni scuri (Alfonso Santagata) a parlare in prossimità di altoparlanti fissati a una torretta di tubi innocenti simile a certi podi da comizio anni Cinquanta. Ogni visione sgorga dal nulla, inattesa: gli angoli dell’ampio piazzale s’animano a turno, imponendo agli astanti un vero viaggio iniziatico, novelli Enea calati in un Ade tutto scenico. Teatro, nell’etimo, significa vedere le cose che sono nascoste, ed è proprio questo che sembra suggerire questo spettacolo avvolgente, profondo, lacerante e mai, fortunatamente, compiaciuto o furbetto.
Il nulla del buio estivo della campagna del Chianti s’approssima a quel Nulla primigenio e indescrivibile del dolore d’esistere, di quel grido lancinante e orrendo di chi, toccato dal dio, s’inebria di senso tragico, di quel Nulla che è fondamento e presupposto della tragedia attica.
Non si piange, o almeno, non si piange soltanto e, di certo, non si piange per mera psicologia: soggetto e coscienza sono concetti per fortuna estranei alla Grecia tragica; i personaggi sono in realtà potenze abissali e distanti dalla misera e trascurabile dimensione del genere umano.
Il nostro presente non permette una consonanza pura e semplice con la tragedia classica, ed è per questo che Santagata dosa sapientemente ironia e serietà (senza esser, gliene siamo grati, serioso): perché le verità più terribili, il dolore più indicibile può essere affrontato solo con il riso comico, pieno e sapiente, il riso dell’Amleto teatrante, il riso di chi ha visto. È questo il miglior pregio d’uno spettacolo tutto da ammirare, ascoltare, odorare, nell’olezzo mezz’estivo d’una Toscana profonda, mutata per incantamento nella Tebe trasudante sangue e morte.
Accompagna gli attori un’improbabile coppia di “narratori”: Antonio Alveario, agghindato alla stregua d’un ridicolo cantante di liscio, giacca sgargiante e occhialetti scuri, e Rossana Gay, sorridente in modo buffo e accattivante, munita in pari misura d’accento sardo irresistibile e tailleur rosa. Ironia e comicità, lubrificanti necessari per sostenere la terribile vicenda, sino alla sua rapida e inevitabile conclusione, nel sacrificio estremo d’Antigone (la potente Daria Panettieri), che regala uno dei momenti più forti del pur breve (un’ora circa) allestimento.
Questa Tragedia, con le sue apparizioni, le sue improbabili e azzeccatissime coloriture comiche, i suoi climax e il suo pathos profondo è un piccolo gioiello, ed è bello pensare che si tratti d’un cavallo di battaglia di Santagata a unire didattica, pratica teatrale e confronto col pubblico. L’operazione aveva debuttato a Santarcangelo una decina di anni or sono, per poi essere replicata in locazioni differenti: si tratta, infatti, d’adattare l’allestimento a particolari situazioni e farne il punto d’arrivo per laboratori con giovani attori della durata di circa dieci giorni. È così che, alla compagna “storica” di Katzenmacher (tra quelli non ancora citati, ricordiamo Francesco Pennacchia in un perfetto e durissimo Creonte, Tiziana Giuliani e Samuel Osman) si uniscono le attrici che formano il Coro, puntuali nei movimenti così come nell’alternanza tra frasi, racconto e urla caotiche tipiche del thiasos.
La storia si conclude; in lontananza Edipo e Ismene sfumano nel bagliore rosso che dipinge la statua a forma di falce di Mauro Staccioli (monumento inaugurato a Torre Luciana da circa un anno): per l’ennesima volta, la scena, (non) luogo liminare e misterioso per eccellenza, ha sprigionato le sue presenze dolenti, la sue aberranti vicende di tabù infranti e ineluttabili sofferenze. Per l’ennesima volta, il paradossale mito del saggio che si fa cieco si è mostrato, grazie al teatro, disciplina del vedere le cose nascoste, Rito misterioso e terribile, Gioco Serio che nessun altra arte potrà mai garantire, lasciando gli spettatori con un buco allo stomaco e la loro deludente umanità.
Visto presso l’Osservatorio Astronomico di Torre Luciana, San Casciano Val di Pesa (Firenze), 11 luglio 2009.
Spettacolo
Tragedia a Torre Luciana
di Alfonso Santagata
ispirato a Sofocle
con: Johnny Lodi (Tiresia), Alfonso Santagata (Edipo), Rossana Gay (Narratrice), Antonio Alveario (Narratore), Daria Panettieri (Antigone), Francesco Pennacchia (Creonte, Eteocle), Tiziana Giuliani (Ismene), Samuel Osman (Polinice)
Produzione: Katzenmacher
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