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venerdì 1 febbraio 2008

L'ultima teppista

(da Giudizio Universale, n. 20, febbraio 2007, pubblicata anche online)
Mette in scena i pezzi di sei giornaliste e canta canzonette finto-ingenue. Paolo Poli ha la naturale eleganza e l'aguzza perfidia di sempre. E alla fine anche i papi ballano

Titolo enigmatico: i Sei brillanti cui allude il più grande brillante italiano possono afferire sia al ruolo del teatro boulevardier francese sia ai sei numeri che l'eterno enfant terrible propone in questa sua ennesima tournée. Sospeso tra malizia ed eleganza naturali ecco Paolo Poli, classe 1929 e un patto col diavolo per salute e bellezza, prendere per mano il pubblico in un allestimento che, come d'usanza, ha la struttura del cabaret d'antan: canzoni, scene a quadri, dialoghetti (im)morali con sferzata finale, malefici salassi all'indirizzo del comun sentire. E non si tratta di cose risentite, benché Poli le ripeta da una vita: ai tempi dello "scandaloso" Rita da Cascia, accusato di blasfemia nel '68, assolto e riproposto trionfalmente nel '76, l'attore di Rifredi era già avanti rispetto al nostro bigio contesto odierno.

Bizzarro che nell'Italia delle querelle sui Pacs, sui cessi parlamentari, l'Italia dei Busi, delle Platinette e dei Mastelloni che più non bestemmiano ma vanno ai reality, l'unico fiero ed elegante omosessuale tetragono all'offensiva di papi, preti e santi assortiti, sia lui, l'inafferrabile fantasista fiorentino. L'unico che non starnazza per apparir in video e che persevera nel mestieraccio infame del teatro: caleidoscopico, apocrifo, colto e popolare al contempo, miscela sublime di teppismo culturale e piratesco repêchage.

Sei pezzi di giornalismo al femminile, sei diversi decenni, senza l'urgenza dell'attualità. Le donne attraversano un secolo, trasfigurato in canzonette contornate da dialoghi che vedono sempre un prelato al confronto d'una signora. Si va dalla Mura alla Cederna, sino agli anni Ottanta della Belotti, con un'agiata signora agée a rifiutar l'ospizio. Le canzoni sono affreschi d'epoca, da Cocaina, cavallo di battaglia del nostro, sino a Il cobra non è un serpente, Bello e impossibile, inni camp d'odierni gay pride.

La voce di Poli sposa gli arrangiamenti finto-ingenui della fidata Perrotin: il canto quadrato, elegante e ironico cristallizza l' eterogeneo materiale e rende classici anche i brani recenti. Mai smarrita l'aguzza perfidia, attacco e difesa da un mondo in balia della cristiana morale, dei sensi di colpa, della ripulsa per la donna.

Attorno all'istrione una compagnia picciola d'attori, cloni e doppi, a ballare buffe e indovinate coreografie. Camuffati da animali, dame o chierici, cantano, s'atteggiano e partecipano alla mirabolante kermesse. Poli troneggia, in fogge per lo più femminee: con levità d'odalisca indossa gonnelloni a campana e crini dorati, gioia per gli occhi; meraviglie i tailleur a tubino, sfoggi d'una silhouette invidiabile. Quando calza parrucche muliebri, inevitabile non sbalordirsi per la somiglianza con la bellissima e altrettanto brava sorella Lucia.

Non è allestimento organico: il fil rouge c'è, ma non imboccato. La struttura "a numero" rende il paio d'ore scorrevole, senza inciampi, e replica la scansione del vero, originario cabaret francese e mitteleuropeo che mescidava poesia e satira, canzoni e teatro, letteratura e vaudeville. Non certo la versione italica, con allampanati solisti ostaggio del video e delle venti risate al minuto e poi via, parola allo sponsor, unico finanziatore e terminale del gioco. Non è il miglior Poli di sempre, ma gli applausi a scena aperta sono il minimo.

Si conclude con un irresistibile balletto di papi intorno a lui, prete in completo scuro, James Bond ecclesiale, sulle note di Tropicana ye. Se Dio esistesse, non mancherebbe d'umorismo, apprezzerebbe Paolo Poli e avrebbe l'obbligo morale di conservarcelo in eterno.

Visto a Quarrata, Teatro Comunale Nazionale, 9 ottobre 2006.

Spettacolo
Sei brllanti
Giornaliste Novecento
due tempi di Paolo Poli da Mura, Masino, Brin, Cederna, Aspesi, Belotti
di e con Paolo Poli
e con Luca Altavilla, Alfonso De Filippis, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco
regia: Paolo Poli
scene: Emanuele Luzzati - scenografia: L'Atelier
costumi: Santuzza Calì - sartoria Farani
parrucche: Mario Audello
arrangiamenti musicali: Jacqueline Perrotin - registrazioni: Studio Barzan
luci: Francesco Barbagli - consulenza disegno luci Alessandro D'Antonio
aiuto regia e coreografia: Alfonso De Filippis
collaborazione tecnica: Francesco Barbagli, Fabio Flora, Davide Gabbani, Valentina Mura, Andrea Pusante produzione: Essevuteattro new s.r.l.

Giudizio: 3 soli
Scheda
> Paolo Poli: dagli anni Sessanta propone spettacoli unici e originali, sospesi tra classicità e trovarobato d'avanguardia; è un peccato che l'attività teatrale sia ostacolo alla visibilità di un artista tanto grande, conosciuto o da chi va a teatro o da chi, meno giovane, se lo ricorda in tv (con la Mondaini e con Carosello)
> Epigoni: essendo un caso unico, nessuno; ma come non rivederlo nella sorella Lucia, in certe cose di Marco Messeri e, soprattutto, nel trasformista Arturo Brachetti?
> Brillante: ruolo del teatro francese d'Ottocento; per Poli "quello che entrava al secondo atto a portare le amenità, per tirare in lungo e arrivare di nuovo alla crisi del terzo atto"

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