Articoli pubblicati altrove e qui raccolti: non il classico, egolaico, ennesimo blog

da teatro.org

a fondo pagina la maschera di ricerca per gli spettacoli

venerdì 14 dicembre 2007

Gomorra: anatomia di uno sfacelo

La stagione teatrale pratese presenta al Fabbricone lo spettacolo tratto dal libro di Roberto Saviano che, nella scorsa stagione, ha fatto luce sulla camorra e i suoi meccanismi. L’allestimento, prodotto dal Teatro Mercadante di Napoli , firmato dal regista Mario Girardi e dallo stesso Saviano, rappresenta il tentativo non banale di mettere in scena un saggio scritto in forma di romanzo

Il teatro è una strana forma d’arte, politica sin nel midollo, giacché riguarda sempre e comunque un insieme di persone che condividono uno spazio e un tempo dati, rivolgendosi sempre a un’idea di comunità. Al contempo, però, anche il teatro, come ogni altra espressione artistica, nutre con il contenuto sociale e politico un rapporto mai scontato: un ideale, per quanto buono e condiviso, non basta a garantire un’opera d’arte e, anzi, se assume le sembianze di un ricatto morale rischia quasi sempre di rovesciare nei fatti le intenzioni più o meno in buonafede del suo autore. Si può dire che i grandi capolavori pongano domande agli spettatori anziché fornire risposte, evitando la presunzione di voler convincere qualcuno appaltandogli un’opinione preconfezionata.

Non è facile immaginare come si possa mettere in scena Gomorra, il libro con cui il trentenne Roberto Saviano ha portato alla luce il fenomeno della camorra contemporanea, vendendo oltre un milione di copie. Non è facile perché già l’opera letteraria ha una strana e avvincente natura: si tratta di un saggio, uno spaccato economico e antropologico dedicato ai meccanismi profondi del fenomeno camorristico, ma nello stesso tempo ha la forza e l’intensità di un racconto intimo, lirico e romanzesco insieme. Per Saviano la camorra è un’ossessione, una malattia: capire i suoi gangli, penetrare nella spaventosa razionalità dei suoi intrecci è una necessità interiore oltre che intellettuale. E così, le pagine del libro assumono toni differenti e contrastanti: trasudano il sangue delle vittime e quello, pulsante e feroce, dell’autore. Gomorra è un corpo a corpo lancinante, di un dolore profondo che riguarda una terra intera, sfasciata dalla mafia e, soprattutto, dalla rassegnazione: per questo ha avuto un incredibile successo. È nella compenetrazione di sofferenza e ragione, di lucida passione per dirla con Pasolini, che il libro rappresenta un piccolo miracolo di letteratura, al di là della lingua talvolta sghemba, sfuggente.

Tradurre in termini teatrali un oggetto simile è un’impresa. Difficilissimo e forse pure rischioso. Non per la ricezione del pubblico, ché certi argomenti possono persino tirare, ma per la grande differenza di modello comunicativo. Un libro come quello di Saviano sarebbe potuto essere pure perfetto per il teatro di narrazione, forma che sulla scena nazionale rappresenta tuttora un filone forte, con fenomeni importanti anche dal punto di vista commerciale.
Girardi e Saviano hanno però preferito l’azione, la drammatizzazione, e di questa scelta bisogna esser loro grati.

S’inizia con una licenza dal libro: la cornice dello spettacolo è costituita da due discorsi di Roberto Saviano, interpretato da Ivan Castiglione. Il primo è quello, ormai famoso, pronunciato nella piazza centrale di Casal di Principe, quello del “Camorristi, non siete uomini!” gridato dallo scrittore proprio nel cuore della potere criminale. Lo spettacolo inizia così, cl’attore di fronte a un microfono: “Si sente?”, chiede, e il pubblico in sala solo dopo qualche secondo percepisce che la domanda era rivolta alla piazza e non alla platea. Di seguito, però, sono scene drammatizzate, teatro vero che traduce il racconto del libro.

I personaggi animano una scenografia che rappresenta un cantiere edilizio, in cui le impalcature di tubi Innocenti hanno funzione di praticabili. Il cemento è il sangue vivo del potere camorristico: i manovali casertani hanno costruito l’Italia e i loro capi hanno presto capito come si vincono gli appalti, come si muovono i soldi nel nostro paese. In questa scena, i personaggi sono terribili e buffi al tempo stesso: strappano risate con il loro napoletano stretto, la guittezza dei movimenti ora scimmieschi ora da furbi pronti a menar mani e puntar pistole. Il violento e spavaldo Pikachu (il bravissimo Francesco Di Leva), il guappo Kit Kat (Adriano Pantaleo) e il rampante laureato Mariano (Antonio Ianniello) rappresentano tre diversi tipi umani di reclutamento nella macchina del clan: tutti, però, aderiscono alla camorra per mancanza di alternative o, meglio, perché non hanno il coraggio di volersi opporre.

Roberto, l’intellettuale, ‘o scrittore, è infatti un interlocutore strano per questi: non è dei loro, anzi, si oppone, li critica, li ascolta e scrive sui giornali ciò che gli confidano. Perché, nonostante tutto, riesce a parlare la loro lingua, ad ascoltarli, guadagnandosene la fiducia. È però Pasquale, lo smagliante Ernesto Mahieux (noto al grande pubblico per il successo cinematografico ne L'imbalsamotore di Matteo Garrone), a rappresentare il caso forse più eclatante: l'anziano e bonario sarto viene sfruttato dai clan sia come mano d’opera sia come istruttore di manovalanza tessile cinese. Quando vede Angelina Jolie indossare un proprio vestito in occasione degli Oscar, lo sconforto di vedere il proprio lavoro non riconosciuto, il dolore di non poter raccontare neppure alla moglie di essere realmente uno dei più grandi sarti al mondo sono talmente grandi da indurlo a cambiare vita, liberarsi dalla camorra e mettersi a fare il camionista. Perché non c’è speranza. Se si nasce in certi luoghi, anche raggiungendo i livelli mondiale in un mestiere, le possibilità di farcela sono meno di zero.A visionare, controllare l’operato di questi disgraziati, il distinto, azzimato Stakeholder (Giuseppe Miale di Mauro), colui che salda la delinquenza con l’alta finanza, i vasci con la Bocconi.
È questo il personaggio chiave per il discorso sociopolitico di Saviano: la camorra vince perché interpreta meglio di chiunque altro il liberismo selvaggio, il capitalismo contemporaneo, il bisogno endemico che il mercato ha di deregulation completa. Ciò che non possono fare i governi, le leggi e le riforme del lavoro, lo fa la camorra, senza neppure incontrare opposizione sociale. Lavoro a cottimo, paghe da fame, sfruttamento deregolamentato: panacea per chi lucra, grandi marche comprese, grandi industrie comprese. Questo Saviano mette in luce con piglio anatomico: la cancrena fatale di un sistema in cui non c'è differenza tra produzione legale e illegale, in cui le grandi aziende appaltano il lavoro sporco alla delinquenza organizzata.Per combattere la camorra è necessario dunque capirla, studiarne i meccanismi, interpretarne gli snodi: si deve seguire il cemento, la droga, le armi, i vestiti e, ovviamente, il sangue.

Lo spettacolo scorre, gli attori sono affiatati, la scenografia suggestiva, alcuni effetti di luci paiono efficaci e lo stesso si può dire per le immagini proiettate su un telo che, all'occorrenza, i riflettori rendono invisibile. Non si può dire che la Gomorra teatrale sia un esperimento fallito. Rispetto al libro, manca di un quid, quel senso d'urgenza, d'ossessione, d'attrazione morbosa per il fenomeno delinquenziale che Saviano riesce a infondere al racconto e che costituisce la cifra più forte dell’opera letteraria. Sul palco questo aspetto passa forse in secondo piano, ed è un peccato perché lo spettacolo potrebbe e può ancora crescere: non ci si pente, però, d’averlo visto, e non è poco.

Si replica al Fabbricone sino a domenica, poi il 17 gennaio lo spettacolo sarà nuovamente nelle vicinanze, al Francesco di Bartolo di Buti .
(da www.loschermo.it)

Spettacolo
Gomorra
di Roberto Saviano e Mario Gelardi
regia Mario Gelardi
scene Roberto Crea
costumi Roberta Nicodemo
musiche Francesco Forni
video Ciro Pellegrino
con Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Antonio Ianniello,Giuseppe Miale Di Mauro, Adriano Pantaleoe e la partecipazione straordinaria di Ernesto Mahieux
Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano (Arnoldo Mondadori Editore) e da un’idea di Ivan Castiglione e Mario Gelardi
Produzione: Mercadante Teatro Stabile di Napoli

Nessun commento: