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lunedì 5 gennaio 2009

Il Mozart clownesco di Nola Rae

(da teatro.org)
Il ritorno di Nola Rae sulle tavole del Teatro di Rifredi rappresenta di per sé un evento: correvano gli anni Settanta, segnatamente la seconda metà, e nello storico quartiere popolare fiorentino sorgeva, al posto dell’attuale spazio scenico, il mitico Humor Side - Centro di Sperimentazione per la Nuova Satira, allestito e gestito per conto dell’Arci da una serie di operatori e artisti fiorentini, tra cui i Giancattivi di Alessandro Benvenuti e Athina Cenci.
Erano gli anni dell’assessorato Camarlinghi e Firenze competeva con la Roma di Nicolini quanto a vita artistica: la città respirava (ancora) cultura, senza vivacchiare adagiata su un glorioso passato ormai (tra)passato e problemi di gestione apparentemente irrisolvibili. L’Humor Side (la parola humor venne scritta scientemente in modo errato, per scherzo: si diceva riferirsi a una “celebre rivista inglese” e la maggior parte dei critici dell’epoca vi cascarono in pieno…) era al centro di una rete internazionale di spettacoli innovativi, ospitava artisti provenienti da ogni parte del mondo e collaborava direttamente con il Festival of Fools e il locale Oval House di Londra.
Tra gli attori, i clown e gli animatori d’ogni sorta esibitisi in quel periodo a Rifredi si contano nomi di livello mondiale quali Katie Duck, Jango Edwards e, appunto, l’australiana trapiantata in Inghilterra Nola Rae.
Per questo, il semplice fatto che la donna mimo sia tornata in Toscana è un evento: del resto, in questi ultimi trent’anni non è stata certo con le mani in mano e, anzi, ha corroborato una carriera di livello mondiale, esibendosi in oltre sessanta paesi, riscuotendo successi e onori ovunque, non ultimo il titolo M.B.E. (alla lettera Member of the Order of the British Empire, l’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico) conferitole direttamente dalla regina Elisabetta II per meriti artistici.

Lo spettacolo presentato da Nola sul palco fiorentino a cavallo del capodanno è Mozart Preposteroso, suo cavallo di battaglia, proposta interessante per un pubblico sia di adulti, in grado di cogliere sfumature e finezze interpretative, sia di bambini, più inclini a tuffarsi nel mondo magico della clownerie.
L’allestimento, firmato da John Mowat con le scene di Matthew Ridout e i costumi di Alannah Small, segue l’intero arco esistenziale del genio di Salisburgo, attraverso la “lente” del buffonesco, dell’improbabile: il titolo medesimo esplicita l’intenzione, poiché preposteous (che unisce con spirito paradossale i termini contraddittori pre e post) sta significare qualcosa d’incongruo, incredibile e ridicolo.
La cosa è del tutto giustificata, se si pensa che Wolfgang sin da piccolo dovette subire l’ostentazione “spettacolare” del proprio genio da parte del padre, Leopold, che ne fece una sorta di fenomeno da baraccone: il Mozart enfant prodige viene sfruttato alla stregua d'un pupazzo da parte della famiglia (al fianco della sorella Maria Anna, peraltro oscurata da cotanta stella…).
Al pubblico, il sipario aperto offre una sorta di “scatola”, una scena multiforme che ben presto si tramuta in “oggetto teatrale” al servizio dell’attrice: sulle note mozartiane, l’angloaustraliana dà vita a sei numeri lunghi, corrispondenti ad altrettante fasi della breve vita del genio. I primi due movimenti sono caratterizzati dalla presenza del padre: il piccolo Wolfen (nomignolo d’infanzia, in futuro sostituito da Amadeus) è un pupazzo impugnato dall’attrice travestita in foggia settecentesca, simulando lo sfruttamento che il genitore impone al tesoro natogli in casa. Prima la nascita e la scoperta di quella miracolosa attitudine per le sette note, poi l’incredibile maestria del bambino al clavicembalo.
L’intera esistenza di Mozart appare dunque alla stregua di uno spettacolo eccentrico, fenomeno che il carattere del protagonista certo finiva per incoraggiare anche negli anni della maturità: lasciato quindi il padre, ecco la parabola prima ascendente e poi, improvvisamente, discendente verso la fine estrema, quella morte che ha consegnato alla Storia uno dei suoi più grandi geni d’ogni disciplina.

Nola Rae è dolcissima e buffa nelle movenze, abile a trasformare in gioco ogni gesto, ogni oggetto, comprese le bambole di pezza a grandezza naturale che simulano le donne, altra grande passione del compositore. Mozart è stato anche un clown, sembra sostenere con eleganza l’artista anglosassone, e non è certo un azzardo. Del resto, la figura d’un Amadeus divin briccone è la stessa presentata da un celebre film biografico, testimoniata persino dalla lettere firmate dal musicista e pervenute sino a noi.
L’elemento centrale dello spettacolo di Nola Rae è l’invincibilità dello spirito infantile nella vita, la clownerie come chiave di volta non solo per penetrare il mistero di un compositore irripetibile, ma la vita stessa.
In Mozart, l’adulto mai cedette il passo al bambino, a quel Pinocchio incontrollabile che fu parte integrante del suo genio: ed è tra Pinocchio e Peter Pan, infatti, che potremmo collocare questo geniaccio preposteroso, nel monito che una dei più grandi mimi del mondo ci consegna con dolcezza, ossia mai dimenticare l’infante e il clown che sono in noi.

L’unico appunto da avanzare allo spettacolo è una certa tendenza alla ripetizione mista all’autoreferenzialità: dopotutto, è improbabile che i bambini riescano a leggere sulla base della scansione biografica mozartiana e questo vale pure per molti adulti. Se a questo aggiungiamo che la sala del bel teatrino di Rifredi è assai più lunga che larga, un buon numero di raffinati effetti messi in atto dalla Rae hanno rischiato di risultare inefficaci, specialmente dalle ultime file.
Gli applausi non sono pochi, ma avrebbero di certo potuto essere di più, dato il calibro dell’artista.

Visto a Firenze, Teatro di Rifredi, il 3 gennaio 2009.

Spettacolo
Mozart Preposteroso
di e con Nola Rae
scene: Matthew Ridout
costumi: Alannah Small
regia: John Mowat

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