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giovedì 24 luglio 2008

La lezione teatrale di Beckett e Cluchey

(da loschermo.it)
VOLTERRA (Pisa) - Ospite d'onore della ventiduesima edizione di Volterra Teatro, l'attore e regista Rick Cluchey, esempio vivente di un teatro non solo possibile, ma necessario e urgente. L'ex ergastolano ha presentato un suo cavallo di battaglia, quel Krapp's Last Tape realizzato con la collaborazione diretta di Samuel Beckett, autore e regista dell'allestimento

Si resta basiti di fronte alla perfezione d'uno spettacolo come quello visto ieri sera (mercoledì 23 luglio) al Persio Flacco di Volterra. Del resto, non è frequente assistere a una regia firmata da un maestro quale Samuel Beckett, al di là del fatto che l'irlandese sia anche l'autore della pièce in questione, dettaglio interessante ma, ai fini scenici, non determinante (non crediamo nella "proprietà" dei testi da parte dei drammaturghi, anzi: amiamo le contaminazioni e riteniamo gli Shakespeare di Carmelo Bene quanto di meglio abbia offerto il teatro italiano degli ultimi cinquant'anni...).

Ovvio che l'interesse riservato a questa versione originale (in inglese, con sopratitoli in italiano, invero non troppo precisi) di Krapp's Last Tape fosse in parte dovuta al valore testimoniale della regia, ma il teatro è arte del presente o, meglio, di quel non tempo che si esprime (e si perde ineluttabile) nel non luogo della scena, nell'istante medesimo del proprio farsi. E dunque, gli occhi e le orecchie erano tutte a carpire i suoni, le luci, i movimenti di Rick Cluchey, artista irripetibile, carne scenica a dimostrazione di quanto il teatro possa deflagrare nella vita, e non nel senso di una redenzione, di una salvezza morale di cui poco importa o è dato sapere. Ex ergastolano, rilasciato sulla parola e tornato in libertà per mezzo di un'attività teatrale che lo pone tra i grandi della scena mondiale contemporanea, Cluchey non è un miracolato, un recuperato: è un artista, bestia stilistica e animale da palco in grado di solleticare, sconvogliare, fendere con un semplice ghigno la placida coscienza dello spettatore illuso di vedere uno spettacolo per poi tornare a casa.

E invece no. Non si torna più a casa dopo aver visto il canuto Krapp, unica presenza claudicante d'una scena scarna all'inverosimile, armeggiare goffo intorno a un tavolo con i nastri, le bobine d'una memoria man mano dispiegata. Si trascina, su un palco disegnato da luci minimali: una lampada che cala al centro della tavola, un "piazzato" bianco ad aprire la prospettiva, efficace effetto d'ombra proiettato sul fondale semiaperto quando il protagonista esce di scena per recarsi nell'altra stanza, dietro l'ultimo panno nero.

Economia e dolore, le matrici di questo spettacolo: economia attorica, sonora, illuminotecnica; dolore d'esistere, nella vergogna, nella derisione imbarazzata e cattiva dell'esserci e dell'essere stati. Capolavoro di sottrazione e potenza evocativa: Krapp riavvolge il nastro registrato di un compleanno passato trent'anni prima, consuetudine sisifea di campionamento emozionale a scadenze forzate. Ascolta la voce di allora, la persona diversa che era. La deride, ghigno amaro, dolente. Del resto, cosa provare se non vergogna e distacco rispetto a qualsiasi testimonianza del nostro tempo passato?

Krapp, giudice inflessibile e satirico d'un passato che ritorna nel rifiuto della reiterazione, nell'orrore della replica magnetica. Nessun uomo di buon senso vorrebbe mai ripetere esattamente le gesta compiute: Beckett e Cluchey ne sono convinti, e questa matrice disperata dello spettacolo si lega a doppio filo con l'anima leopardiana (si pensi all'operetta morale Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere) di questa rassegna 2008, come nelle intenzioni dichiarate dal direttore artistico Armando Punzo.

E l'ultima traccia che Krapp incide su nastro magnetico è il segno di una sconfitta ineluttabile, quella di un'esistenza insensata che non trova redenzione o salvezza nel vuoto pneumatico d'una prospettiva di assenza: di Dio, di utopie, di soluzioni, di significati. Questo il motivo per cui, applaudendo questo artista gigantesco (al di là della regia dell'altro, e defunto, gigante...), in grado di significare con movimenti minimi, con sibili e ghigni quasi impercettibili ma d'inusitata potenza scenica, siamo convinti che la reclusione scampata negli anni Sessanta sia certo la meno claustrofobica che egli abbia dovuto subire nella vita. La reale prigionia, inevitabile, è quella di un'esistenza gratuita e non richiesta, quell'incubo umano che solo il teatro, o il delirio del suo dio, possono illudersi, talvolta, di lenire.

Spettacolo indimenticabile: la platea lo sente e tributa a Cluchey, e a Beckett, un applauso senza sosta.

Visto a Volterra (Pi), Teatro Persio Flacco, il 23 luglio 2008.

Spettacolo
Krapp's Last Tape (L'ultimo nastro di Krapp)
di Samuel Beckett
con Rick Cluchey
regia di Samuel Beckett
produzione: Rick Cluchey e The San Quentin Drama Workshop

Il programma di Volterra Teatro 2008

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